22 Lug Documento di Storia e Fondamenti del Laboratorio
Proposto da Luigi Burzotta nel Consiglio dell’Associazione Cosa Freudiana del 28 febbraio 2017 e Condiviso da Muriel Drazien e JohannaVennemann, al momento della sua nomina a nuovo Direttore del Laboratorio,.
Cosa Freudiana nasce nel 1982 dopo un lungo sforzo compiuto da Muriel Drazien per realizzare qualcosa in Italia, dove era giunta dalla Francia negli anni 70, nell’intento di dare in qualche modo seguito al proposito di Lacan. L’Associazione costituita da Muriel Drazien, con Marisa Fiumanò e Antonello Sciacchitano, sarebbe stata disciolta qualche anno dopo.
Il merito di Muriel Drazien tuttavia è di aver continuato a trasmettere, qui a Roma, la formazione psicanalitica secondo il rigore della clinica lacaniana, fedele in questo all’insegnamento di Lacan, che la vera trasmissione avviene nella prassi analitica.
Il 1989 è l’anno in cui, per impulso di Luigi Burzotta e di Johanna Vennemann, è rifondata l’Associazione Psicanalitica Cosa Freudiana con un gruppo di analisti romani, Antonella Baccarini, Anna Di Ninni ed Elisabetta Spinelli, allora tutti “analizzanti” animati da un comune transfert di lavoro.
La condizione di “analizzante” è qui evocata come una qualità non di sottordine ma come una posizione di pregio, una premessa imprescindibile dall’atto analitico, perché non c’è soggetto dell’enunciazione fuori dalla posizione di analizzante, senza la quale non può darsi neppure quella di psicanalista.
L’atto di costituzione dell‘Associazione Psicanalitica Cosa Freudiana (1989) era dunque un atto analitico di cartello, anche per chi in quel momento era investito della funzione di Presidente o di Membro del Consiglio.
Il nuovo statuto, rispetto a quello del 1982, pur osservandone i principi fondamentali, tralasciava volutamente e modestamente ogni riferimento a quella procedura che aveva informato nel 1974 le Direttive di Lacan: La passe.
Si voleva supplire a questa procedura, fino a quel momento in impasse, con il desiderio che ci animava: quello d’analista.
La decisione del 1993, di adeguare il suo Laboratorio all’accoglienza della domanda per la formazione alla psicoterapia proveniente da medici e psicologi, non era presa con l’intento di imprimere un nuovo corso all’Associazione. L’estensione del Laboratorio alla formazione degli psicoterapeuti era temperata e corretta con l’aggettivo freudiano nella intitolazione, dallo stesso che qui scrive allora escogitata, per dare un nome al progetto e un senso alla sperimentazione, che lasciasse inalterati i principi di Cosa Freudiana.
Si è voluto privilegiare una logica psicanalitica, per dare i giusti contorni a quest’esperienza di apertura del Laboratorio alla formazione degli psicoterapeuti, nell’ambizione allora sottesa, di promuovere infine la stessa psicanalisi, nella convinzione di poter influire attivamente sulla nuova realtà sociale.
Delimitato l’ambito operativo del Laboratorio, come emanazione dell’Associazione Psicanalitica Cosa Freudiana, l’auspicio comune è stato quello di mantenere la logica del desiderio, promuovendo la nostra Istituzione come luogo per una clinica dell’analista.
Si tratta della messa in atto di una procedura che richiede a ogni analista, che abbia tuttavia attraversato l’esperienza personale del controllo, di spogliarsi di ogni sapere presunto e di assumere una posizione di analizzante, vale a dire di soggetto dell’enunciazione.
Che la posizione di analizzante non può essere estranea all’analista è dichiarato più volte dallo stesso Lacan nell’enunciazione del suo Seminario e promossa nella pratica dalla sua allieva Muriel Drazien; perché, a giudizio di chi scrive, tale posizione deve informare l’atto analitico, se è vero che, nella cura, “la presenza stessa dell’analista è una formazione dell’inconscio”.
Con una prassi così orientata, la cui garanzia scientifica sta nella centralità del sapere inconscio, si mette in atto una clinica che è specifica dello psicanalista, per superare l’empasse di un equivoco diffuso, quando si crede di assumere la funzione di psicanalista come un titolo acquisito in modo definitivo.
Titolo che non può non rivelare la sua natura effimera, quando, in luogo di trovare la verità nella propria mancanza a essere, chi se ne fregia va sempre in cerca di garanzie all’esterno, presso chi si erga a sembiante, tanto più concepito come figura di potere quanto poi questa si rivela vuota e inane.
L’Associazione Psicanalitica Cosa Freudiana, come realtà tangibile e non astratta di riferimento, si propone come luogo del discorso dove è possibile sgomberare ogni orpello, in cui il potere dissimula la miseria della castrazione.
Il suo rinnovato intento piuttosto è di preservare al suo interno quella mancanza, per favorire la creazione in ogni suo componente di quel posto vuoto, quel vacuolo indispensabile all’invenzione di un sapere nuovo: è la premessa ineludibile per ogni analista membro che voglia dare fattivamente il proprio contributo di elaborazione teorica sul testo di Freud e sul Seminario di Lacan, come recita a chiare lettere lo Statuto dell’Associazione.
I riferimenti internazionali di confronto e di scambio poi, ciascuno è libero di cercarseli, dove vuole.
Trascrivo qui di seguito un documento che riassume brevemente la Storia di Cosa freudiana e uno stralcio dello Statuto.
La “Cosa Freudiana” è un’associazione che nasce a Roma nel 1982 sulla base dello sforzo compiuto da Lacan nel 1974 per fondare qualche “Cosa” in Italia… “Il Gruppo italiano, se mi vuole dare ascolto si atterrà a nominare coloro che postuleranno il proprio ingresso, in base al principio della passe, assumendo il rischio che non ce ne sia” (Bollettino di Psicanalisi “Cosa Freudiana”, prima serie numero 0, aprile 1982).
L’intento era di dare finalmente seguito alle Direttive espresse da Jacques Lacan nella cosiddetta “Lettera agli Italiani”.
Disciolta la “Cosa Freudiana”, era fondata al suo posto, il 26 gennaio 1989, l’Associazione Psicanalitica Cosa Freudiana su nuove basi e con principi che tuttavia la ponevano in continuità con la disciolta Associazione. Il Consiglio dell’Associazione era costituito da Muriel Drazien (Presidente), Luigi Burzotta, e Johanna Elisabeth Vennemann (Consiglieri).
Il nuovo Statuto sarebbe stato poi ritoccato nell’Assemblea Ordinaria e Straordinaria del 12 novembre 1993, come riportato nel seguente Statuto:
Statuto di Cosa Freudiana
Dal VERBALE DI ASSEMBLEA ORDINARIA E STRAORDINARIA
(12 novembre 1993 repertorio n° 2134 Raccolta n° 273 Notaio Giovanni Berionne)
Art. 1) – E’ costituita l’Associazione Cosa Freudiana.
Art. 2) – L’Associazione ha sede in Roma, Lungotevere degli Artigiani n°30.
Art. 3) – Il suo scopo è la pratica e lo studio della psicanalisi secondo l’insegnamento di Jacques Lacan, nonché la formazione degli analisti e degli psicoterapeuti.
Richiamarsi a questo insegnamento nell’attuale contesto italiano non è facile e richiede di essere supportato dal sostegno, anche finanziario, di sedi pubbliche e private che abbiano comunque interesse ad una promozione qualificata della psicanalisi come strumento di intervento sul piano clinico-sociale e sul piano culturale.
L’associazione intende porsi essenzialmente come punto di riferimento per la domanda di analisi in quanto offre una pratica analitica riconosciuta.
Proprio perché occupa una posizione di ascolto della domanda di analisi, che proviene dal corpo sociale, l’Associazione si considera aperta a una realtà che deve essere assunta in tutta la sua complessità.
L’operare dell’Associazione sarà orientato alla verifica di modalità originali di intervento in termini di prassi analitica a fronte di diversi campi di domanda di cura in cui il “problema” del singolo non può che essere ricondotto a quel disagio che Freud riconosceva costitutivo della società.
L’obiettivo di fondo dell’Associazione è la ricreazione di condizioni per un esercizio rigoroso della psicanalisi.
A tal fine l’Associazione pone in essere un Laboratorio di Psicanalisi, aperto al pubblico denominato Laboratorio Freudiano per la formazione degli psicoterapeuti.
Le preziose esperienze della clinica trovano la propria naturale sede di riflessione nello stesso Laboratorio, dove i casi sono periodicamente discussi e dove la prassi analitica viene rischiarata e riceve un sostegno scientifico dalla teoria.
Prassi e Teoria vanno così di pari passo e costituiscono un valido momento didattico per la formazione di coloro che sono ammessi all’ascolto e alla discussione.
Per questo è necessario andare alle radici, ai moventi e ai risultati, di un insegnamento rigoroso come quello di Lacan nel quale l’acume della scoperta teorica non è mai stato disgiunto dalla concretezza della prassi clinica.
A questo scopo Lacan ha dedicato tutto il suo insegnamento, espresso in quasi trent’anni di Seminari.
Su essi, oltre che sulla necessaria analisi personale “spinta al punto di essere didattica”, deve basarsi la formazione degli analisti.