I miei anni con Moustapha Safouan

I miei anni con Moustapha Safouan

Luigi Burzotta

 

 

Ho incontrato per la prima volta Moustapha Safouan nel 1982, anno del mio ingresso nell’Associazione psicanalitica Cosa Freudiana diretta da Muriel Drazien, un’allieva di Lacan che aveva fatto con lui un’analisi di controllo e che lo invitava tutti gli anni a portare il suo prezioso contributo nelle attività del Laboratorio; ma come studioso di Jacques Lacan ne avevo già letto i libri sull’Edipo, la sessualità femminile  e lo strutturalismo.

Intellettuale di vastissima cultura, attento e lucido nelle sue analisi, Safouan considerava Lacan “il più autentico continuatore dell’opera di Freud”, riconoscendo nell’insegnamento del suo maestro l’apporto di una svolta innovativa nella ricerca psicanalitica.

Sarebbe tuttavia un errore considerare l’opera di Safouan come una illustrazione della dottrina di Lacan nel senso di una riduzione alla comprensione o di una semplificazione, perché, evidenziandone le coordinate fondamentali, restituiva una lettura originale del suo insegnamento non senza apportarvi a sua volta un contributo personale.

Per tutti gli anni ottanta e novanta ebbi così l’opportunità di seguire di persona le conferenze che egli veniva puntualmente a tenere in Italia, a Roma nel Laboratorio di Cosa freudiana, ma anche a Napoli nel Centro Lacaniano di Paola Carola.

Nel mese di novembre 1991 Moustapha Safouan veniva a Roma per dare il suo contributo al Congresso internazionale denominato “Lacan in Italia”, un progetto ambizioso che, facendo eco alla coeva costituzione (16 giugno) della Fondation Européenne pour la Psychanalyse, aveva goduto della grande affluenza di tutto il mondo lacaniano europeo.

Le occasioni di incontrare Moustapha Safouan erano divenute negli anni sempre più frequenti, perché non mancava di partecipare ai Colloqui internazionali organizzati a Roma dal Direttivo di Cosa Freudiana del quale facevo parte (Dal Corpo Al Corpo 1995; La psicanalisi è una terapia efficace? 1997; L’Altro e la psicosi 1999), tuttavia, nei confronti di questo illustre e stimato psicanalista dal portamento signorile e distaccato, avevo sempre mantenuto un rispettoso riserbo, senza mai ricercarne un avvicinamento confidenziale.

Nel 1998, durante il Congresso di Berlino della Fondation Européenne pour la Psychanalyse, fui chiamato a far parte del suo Secrétariat internationale, che a quel tempo era presenziato a bienni alterni da due dei quattro iniziatori: Claude Dumezil, Charles Melman, Gérard Pommier e Moustapha Safouan.

L’anno seguente, dopo una riunione del Secrétariat internationale a Parigi per l’organizzazione del Congresso di Marsiglia del 2000, durante la quale venne anche approvato il progetto di realizzare due Giornate di studio a Mazara del Vallo per l’autunno del 2001, al termine di un déjeuner conviviale, nel momento in cui mi stavo congedando con l’intenzione dichiarata di andare a visitare alcune botteghe di gravures, fui cordialmente preso per mano da Moustapha Safouan che si offrì per guidarmi per il centro di Parigi a visitare alcuni ateliers di sua conoscenza, specializzati nel settore.

Quel pomeriggio doveva cominciare quello scambio amichevole che avrebbe caratterizzato la nostra conversazione per più di venti anni; perché durante la nostra passeggiata il mio nuovo amico mi chiese se gli potevo trovare un’abitazione in affitto nel luogo designato per il programmato colloquio della FEPP in Sicilia.

Dopo una prima sistemazione nello stesso Hotel Hopps di Mazara del Vallo dove, nel mese di novembre 2001 si sarebbero svolte con successo le Giornate di studio della FEPP, Psicanalisi e cultura oggi, trovammo per l’anno successivo, a due passi della mia abitazione estiva sul Lungomare Fata Morgana, una villetta in affitto, dove Safouan poté soggiornare solo per due anni.

L’anno appresso per buona sorte, proprio nella villetta bifamiliare a due piani, della quale abitavo con la famiglia il piano terra, si liberò l’appartamento del primo piano che l’altro proprietario dava in locazione.

Da quel momento, il piano superiore della nostra abitazione estiva non sarebbe stato più occupato da un estraneo ma da un amico. La villetta gode di due ingressi con due vialetti indipendenti per i due appartamenti del piano terra e del primo piano con due distinti giardini, una partizione che permette ai due relativi condomini di vivere, osservando la debita discrezione, nel più assoluto riserbo. Nel muretto divisorio delle due terrazze fronte mare, avevo però praticato un passaggio con un cancelletto che è rimasto aperto per tutto il tempo che Safouan ha mantenuto l’affitto di locazione del suo appartamento.

Bastava varcare questo cancelletto per raggiungere l’abitante del piano superiore e viceversa per consentire a quest’ultimo di riunirsi con gli amici del piano terra.

Nel pomeriggio, quando il mio coinquilino non aveva ospiti, io mi recavo spesso da lui per trascorrere nel suo ampio salotto qualche ora in conversazione con due bicchieri ricolmi di whisky con ghiaccio.

Le nostre piacevoli conversazioni finivano inavvertitamente sulla clinica e sulla teoria psicanalitica, e spesso sull’argomento di cui al momento si stava occupando il mio interlocutore, perché questi nel suo otium non la smetteva mai di studiare e scrivere, senza distinguere il giorno dalla notte, così perseverando disteso su un letto finché il libro o la matita non gli cadevano di mano nel sonno; sicché le mie visite erano una pausa da lui molto gradita di serena distensione, che tuttavia aveva il suo risvolto di creativa riflessione. Talvolta infatti il nostro dialogo si concludeva con la costruzione di una frase, nella quale, lui, aveva infine trovato il modo di enucleare una questione che teneva in sospeso, dando finalmente una forma estemporanea a ciò di cui stavamo conversando, in una felice e sintetica combinatoria di parole. Ritrovavo poi puntualmente quelle sue formulazioni nel libro di turno che sarebbe stato pubblicato.

Il periodo del soggiorno di Safouan a Mazara sarebbe stato uno dei più fecondi della sua produzione di saggista.

Nel frattempo la Fondation Européenne pour la Psychanalyse stava attraversando un periodo di crisi e, in una prima riunione tenuta a Bruxelles nella primavera del 2003, si era pensato anche alla possibilità di un suo scioglimento. La soluzione trovata da Moustapha Safouan fu quella di dare alla FEPP una vera struttura associativa con una presidenza elettiva. Fu così che Charles Melman propose quasi per sfida a Moustapha Safouan che assumesse lui stesso la prima presidenza. Safouan accettò sulla parola come per gioco e contro i suoi stessi principi.

Il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento è illustrato da Moustapha Safouan, nel “Preambolo” pubblicato insieme con il nuovo “Statuto” nell’Annuaire 2005, dove illustra le ragioni del nuovo funzionamento precisando infine che: “la Fondation Européenne pour la Psychanalyse non è un’istituzione psicanalitica nel senso che, una tale istituzione, si ponga come compito prioritario la formazione degli analisti, ma tale che ha per suo oggetto quello di permettere agli psicanalisti ma anche ai cultori di lettere che si riferiscono agli insegnamenti di Freud e Lacan, di far conoscere, discutere collegialmente ed elaborare le loro produzioni”.

L’esperienza di Safouan come Presidente della FEPP si concluse in anticipo con un grave incidente subìto a Mazara, quando fu investito da una moto sul lungomare davanti al cancello della sua villa; infortunio dal quale si riprese dopo qualche mese, ma che gli impedì di partecipare al Congresso da lui voluto e programmato per il mese di novembre di quell’anno 2005 a Padova, La psicanalisi e la scienza. Gli atti di quel Congresso sono stati poi da me pubblicati in edizione bilingue presso F. Angeli editore.

Già l’estate dell’anno successivo egli era di nuovo a Mazara, dove riprese il suo stile di vita intensificando le sue attività di studio e di scrittura.

Pourquoi le monde arabe n’est pas libre, Denoël 2008, è il primo libro meditato e rielaborato durante il suo soggiorno a Mazara. Aveva da tempo pronta una bozza manoscritta di questo libro e lo teneva da parte in attesa di tradurlo in lingua inglese, perché egli mi ripeteva che soltanto se fosse stato pubblicato in questa lingua avrebbe potuto essere diffuso e letto nell’ambiente culturale egiziano e arabo. Chi ha potuto fare il raffronto del testo originale inglese con la traduzione in francese di questo libro, ha trovato linguisticamente più risolta la scrittura originale. Esiste anche una traduzione in italiano curata da Spirali.

Nel maggio 2009 sui temi trattati da questo libro si svolsero due Giornate di studio della FEPP a Mazara del Vallo: Il soggetto e le lingue tra sacro e profano.

Egli già comunque lavorava con solerzia a un testo a cui teneva molto, ispirandosi anche al comportamento della mia nipotina nei suoi rapporti con il padre ch’egli poteva osservare, attento e curioso, durante il soggiorno estivo: Le langage ordinaire et la différence sexuelle, sarebbe stato pubblicato nel 2009.

Il libro di largo respiro, tuttavia, che si può considerare un fondamentale suo lascito per lo studio della psicanalisi e la comprensione delle aporie e delle contraddizioni proprie al movimento psicanalitico, è pubblicato nel 2013. Si tratta di un progetto ch’egli aveva in cantiere e che l’amico Alain Vanier ha il merito di aver incoraggiato a costruire, invitandolo a tenere, per tre anni di seguito, delle serie di conferenze nella sede di Espace Analytique, e che sono sfociate nell’opera, La psychanalyse, Science, Thérapie; et cause, Thierry Marchaisse. Il titolo sintetizza in modo fulmineo il contenuto sostanziale dell’opera. Ciò che è alla radice della psicanalisi e ne giustifica il bizzarro dispositivo, vale a dire, il radicale principio sovversivo che causa la psicanalisi, non può non essere in contraddizione con qualsiasi tentativo di ordinarla in un movimento associativo o in un sistema istituzionale.

In questo va ricercata forse la ragione che rendeva Moustapha Safouan refrattario a ogni tipo di coinvolgimento istituzionale in quella ch’egli chiama La saga lacaniana, benché egli non potesse non lasciarsi implicare in modo permanente dal suo Maestro nel Jury de la passe.

Superata l’età di novanta anni Moustapha Safouan mi diceva di cominciare a sentire il peso dell’età avanzata, confidandomi, ogni anno che passava, che non avrebbe mai creduto di poter raggiungere una tale età; tuttavia io costatavo che il suo spirito era ancora quello di dieci anni prima quando era stato rapito dalla città che lo ospitava e che lui raggiungeva periodicamente, non solo nelle lunghe vacanze estive ma anche per soggiorni più brevi in inverno e in primavera.

Addirittura egli ora negava ciò che aveva dichiarato all’inizio e che era diventato un luogo comune nel giro degli amici mazaresi, che cioè la città di Mazara del Vallo lo aveva catturato, perché gli era sembrata, in piccolo, la sua Alessandria d’Egitto ma senza le contraddizioni della sua città natale.

Evidentemente, con questo diniego, egli aveva inteso bene la mia amichevole risposta, quella volta che mi aveva formulato, con un sorriso che non saprei descrivere e con le spalle abbandonate sull’antica abside arabo normanna della cattedrale, la domanda di voler morire a Mazara: gli dicevo che non era certamente possibile cercare in questa città siciliana ciò che non aveva mai trovato nella sua Alessandria.

Lasciato l’appartamento in locazione, egli tornò più di una volta a Mazara ospite, in un albergo con vista sul mare, per brevi vacanze che coincidevano per un arco di tempo con quelle mie e di Bianca, mia moglie. In queste occasioni egli mi parlava dei libri che stava scrivendo come Regard sur la civilisation œdipienne, Hermann 2015, di cui venne a parlare a Roma nei locali del Laboratorio Freudiano, come pure mi accennò qualche cosa di una ricerca che lo stava impegnando nel campo della scienza e che diede vita al libro Le puits de la vérité, Hermann 2017, un ragionato panorama sulle più avanzate teorie scientifiche del novecento, confrontate col sapere psicanalitico nel suo rapporto con la verità, la cui presentazione ad opera della FEPP a Parigi nel 2018 mi trovai a presiedere con molto piacere.

Non posso tacere infine del suo ultimo libro le cui tematiche erano state da tempo tra noi oggetto di animate e vivaci discussioni, La civilisation post-œdipienne, Hermann 2018.

Riporto per finire le parole ch’egli mi ha voluto dedicare nella copia omaggio di questo suo ultimo libro: à Luigi avec mon amitié que j’ai beau vieillir mais que, elle, reste jeune       Moustafa